Un ulteriore aggravamento della situazione si verificò verso il 20 aprile 1945 allorché i tedeschi allestirono un punto di assistenza per le truppe in ritirata nei locali al pianoterra della casa canonica. Il passaggio si fece particolarmente intenso fra il 25 e il 29 aprile, mentre gli ufficiali erano sempre più esasperati a causa dei continui attacchi dei partigiani. La domenica successiva, il 29, si verificò l'episodio più tragico.
Alle prime luci dell'alba iniziò a transitare, proveniente da Fossano, la trentaquattresima divisione di fanteria Brandemburg, comandata dal generale Liebe, autore di numerosi efferati delitti, tra cui lo sterminio di un'intera famiglia a Vicoforte di Mondovì. Verso le ore nove, un soldato tedesco venne ucciso all'ingresso del paese, davanti alla trattoria Trombetta di Chiappero Biagio; senza accertarne le responsabilità, un ufficiale entrò nel locale pubblico e uccise il proprietario con una raffica di mitra; nel contempo il comandante ordinò la perquisizione delle case vicine e il rastrellamento per le vie del paese di tutti gli uomini al fine di costringere la popolazione a collaborare e a consegnare i partigiani che, a suo dire, avevano sparato. Non prestò attenzione alle argomentazioni dei maggiorenti locali e di don Madurini, garanti dell'innocenza dei loro concittadini; a titolo di maggior convincimento quest'ultimo si offrì come ostaggio. In quei momenti di terrore e di confusione furono uccisi per le vie del paese Barbero Martino, Boglio Giuseppe e Borra Sebastiano; i loro cadaveri si rinvennero la sera in un orto all'inizio di via San Nazario, oggi via Vittorio Veneto. Per alcune ore Genola visse sotto l'incubo di un eccidio di grandi proporzioni, simile a quello di Boves. Anche se gli abitanti tentarono di fuggire nei campi o di nascondersi nei solai e nelle cantine, in breve tempo furono radunate circa duecento persone nella piazzetta dell'ala pubblica; fra queste gli ufficiali scelsero undici uomini, compreso un burattinaio di passaggio, Donà Amedeo residente a Caselle, che rinchiusero nella casa dei coniugi Marengo sulla strada per Fossano, alla quale appiccarono il fuoco con i lanciafiamme. Si trattava di Boglio Lorenzo, Borra Pietro, Capello Defendente, Gassi Giovanni, Mana Sebastiano, Marengo Francesco, Mondino Giacomo, Olivero Giovanni Battista, Picco Marco e Prato Giovanni Battista. Nonostante le approfondite ricerche, tra le macerie non si rinvennero i cadaveri di Picco Marco e di Boglio Lorenzo; di questo fatto non fu possibile dare una spiegazione. Perpetrata la strage, la divisione tedesca partì per Savigliano, ove si limitò a sparare contro le finestre delle case; a Nichelino commise un altro efferato eccidio.
Sui diversi fronti di guerra, dal 1940 al 1945, persero la vita sedici militari di Genola, che sono ricordati nella lapide posta nella piazzetta a lato dell'ingresso laterale della chiesa parrocchiale. Conseguenti a malattie contratte in guerra morirono nelle proprie abitazioni i soldati Cravero Giuseppe (22 novembre 1943) e Marchisio Mauro (20 agosto 1944). A guerra ultimata, il 10 giugno 1945, si registrò il decesso del ragazzino di dieci anni Ruffino Nicola per lo scoppio di un residuato bellico (L.C.).
i funerali delle vittime del 29 aprile